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POSSIBILE ADDIO AL TRACCIAMENTO PUBBLICITARIO SU FACEBOOK

SI torna a parlare di GDPR e del consenso da parte degli interessati, che non può e non deve essere sottovalutato da nessuno, nemmeno se il soggetto in questione è un colosso del social network come Facebook.
Ed infatti proprio negli ultimi tempi è stata sollevata una questione non di poco conto che vede al centro del mirino il social Facebook e la sua pubblicità personalizzata derivante dal tracciamento dei dati dei suoi utenti.

META E IL TRACCIAMENTO PUBBLICITARIO: COME SI COMPORTA FACEBOOK

Sappiamo tutti che per poter creare un profilo su Facebook, come anche su Instagram, bisogna acconsentire alle informative privacy e firmare così quello che dovrebbe essere un vero e proprio contratto.

Nel dare il consenso a delle informative privacy generali si rischia però di acconsentire in modo praticamente obbligato all’essere poi targettizzati a fini pubblicitari.

Difatti, Meta utilizza il consenso, prestato ai fini dell’uso della piattaforma, quale base del trattamento per poter promuovere annunci pubblicitari secondo quelle che sono le principali attività svolte dall’interessato sui propri dispositivi.

Ma quindi non c’è una vera e propria informativa che richieda il nostro consenso al tale tipo di tracciamento?

Ebbene, no.

Meta agisce in totale contrasto con la normativa GDPR a cui dovrebbe attenersi ai fini della tutela e del rispetto della privacy dei propri utenti facenti parte dell’Unione Europea.

La realtà è che Meta sembrerebbe operare un vero e proprio abuso della sua posizione dominante sul mercato globale, questo perché sfrutta i dati di Facebook per ottenere un vantaggio sui concorrenti, un vantaggio che risulta però assolutamente sleale.

Già ad agosto la CMA (Competition and Markets Authority) ha voluto procedere contro Meta ed oggi anche la Commissione dell’EDPB, ovvero il Comitato che rappresenta tutti i regolatori della privacy dell’UE, ha deciso di intervenire accusando Meta di abuso di posizione dominante sul mercato europeo oltre che mancato rispetto del GDPR; ma di questo ne parleremo nel paragrafo successivo.

In linea generale, se tutto ciò verrà confermato in sede giudiziale la piattaforma potrebbe risentirne pesantemente.

Inoltre, anche sul territorio statunitense, in California, la società sta assistendo a grosse limitazioni, e se dovesse mai essere deciso di dare definitivamente il blocco totale in Europa, allora andrebbe incontro a serie difficoltà nell’utilizzare informazioni attinenti alle attività dei propri utenti e poter così vendere una pubblicità di tipo “mirata”.

Un altro più recente colpo economico a Meta è stato inferto dalle nuove regole Privacy di Apple, dove è stata introdotta una nuova impostazione che obbliga tutte le app a chiedere il permesso per poter tracciare le attività digitali delle singole utenze.

Ovviamente, risultano essere davvero pochi gli utenti che rilasciano il proprio consenso ad avvisi che compaiono all’improvviso sul proprio telefono cellulare e che chiedono di poterlo tracciare.

A seguito di questa nuova Privacy Policy di Apple, Meta ha dichiarato di aver perso già perso una considerevole somma pari all’incirca ai 10 miliardi di euro.

META E IL TRACCIAMENTO PUBBLICITARIO: LA DECISIONE DELL’EDPB

L’European Data Protection Board “EDPB”, ha confermato che nell’utilizzare i social network non è necessario prestare i propri dati ai fini di una profilazione pubblicitaria mirata.

La decisione del Comitato Europeo deriva da ben quattro anni di indagine e ha come fine non solo quello di prevedere una sanzione rilevante, il quale toccherà poi alla Autorità irlandese definire, ma anche, e soprattutto, quella di colpire in maniera particolarmente incisiva il modello di business di Meta, sul quale la società di Zuckerberg ha fondato la sua posizione industriale nel sistema globale della società digitale.

Ed ecco quindi che in data 19 dicembre 2022, la Commissione ha formalmente accusato Meta di abuso di posizione dominante, ritenendo che sia illegale la pubblicità personalizzata sui social di Meta in quanto senza consenso esplicito degli interessati, specificando che il contratto non è base legale sufficiente per il trattamento.

Si ritiene, infatti, che la pubblicità personalizzata richieda sempre un consenso informato, basato su una adeguata e apposita informativa, nel rispetto di quanto previsto dall’art.13 GDPR secondo il quale per qualunque trattamento di dati ulteriori, rispetto a quelli per cui i dati sono conferiti dagli interessati o messi dagli interessati a disposizione dei titolari dei trattamenti, bisogna richiedere il consenso.

È così stato comunicato all’azienda il risultato delle indagini da parte dell’EDPB, concedendole, come è giusto che sia, di poter rispondere a tali accuse con obiezioni e/o commenti.

Tutto ciò non sembra essere scontato e questo perché la Commissione, ai sensi dell’articolo 102 del TFUE, avrebbe addirittura il potere di ordinare direttamente alla compagnia di interrompere le sue pratiche e di conseguenza multarla con sanzioni pari fino al 10% del suo fatturato globale.

In tal senso ci si aspetta che l’EDPB obblighi la DPA Irlandese, dove ha appunto sede legale il gruppo META nel territorio Europeo, a sanzionare Meta e tutte le aziende che operino in egual modo.

Da parte sua la DPA Irlandese non ha ancora voluto esprimere alcun commento con riguardo a tale decisione, si è infatti ancora in attesa di una sua decisione finale.

META E IL TRACCIAMENTO PUBBLICITARIO: COME VIOLA IL GDPR

Con il Tracciamento pubblicitario senza una dovuta informativa, Meta avrebbe violato in due modi le norme antitrust dell’Unione, sancite dall’articolo 102 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE).

Nello specifico, il problema principale riguarda anzitutto il rapporto diretto che, inevitabilmente, si crea tra il servizio di annunci online operato da Meta, Facebook Marketplace e il suo social network Facebook. Infatti, delle indagini della Commissione, è emerso come proprio questo legame rappresentasse un decisivo vantaggio di distribuzione che i concorrenti non potrebbero mai eguagliare.

Inoltre, afferma la Commissione “[…] i termini e le condizioni unilaterali disposte da Meta ai servizi di annunci pubblicitari online concorrenti, che consentivano l’azienda a usare i dati relativi a questi annunci a vantaggio di Facebook, risulterebbero addirittura ingiustificati, sproporzionati e non necessari al fine di fornire i servizi di pubblicità online sulle piattaforme Meta”.

Questo perché in tal modo le condizioni andrebbero a imporre degli oneri sleali ai concorrenti, avvantaggiando unicamente Facebook Marketplace.

Il nuovo Marketplace, lanciato da Meta nel 2016, consente a qualsiasi utente di Facebook di poter acquistare e vendere praticamente qualsiasi cosa: vestiti, libri, scarpe, accessori, finanche smartphone, o addirittura articoli vietati in teoria, quali armi da fuoco o pezzi di aree protette della foresta amazzonica, che nonostante le rassicurazioni da parte dell’azienda persistono a comparire tra gli annunci. Oltre a questi tipi di problematiche, le sue pratiche commerciali hanno insospettito le maggiori autorità antitrust britanniche e comunitarie.

Con l’entrata in vigore del GDPR, definitivamente nel 2018, il gruppo META ha ritenuto sufficiente inserire tra le clausole contrattuali sottoscritte dagli utenti per poter utilizzare il social e usufruire di tutti i suoi servizi, l’utilizzo di sistemi di pubblicità personalizzata costituendosi così una base legale adeguata, poiché presente nel contratto, all’utilizzo dei dati personali degli utenti.

Ma come abbiamo già detto, non basta inserire una semplice clausola all’interno di un contratto che risulta necessario sottoscrivere per l’utilizzo del social.

Quando ad essere trattati sono dei dati personali è sempre necessario fornire una adeguata informativa cui prestare il proprio consenso.

Ciò ha dimostrato la superficialità di META, che intendeva superare il GDPR in vista della forte evoluzione della società digitale.

Ed anzi lo sviluppo di nuove forme di economia ha impegnato maggiormente l’UE nel trovare e cercare di aggiornare sempre le norma di tutela della privacy affinché non possano crearsi situazioni di disequilibri.

META E IL TRACCIAMENTO PUBBLICITARIO: IL PROVVEDIMENTO

Ad oggi l’unica soluzione proposta agli utenti piattaforma Facebook è quella di scegliere di non personalizzare gli annunci con dati provenienti da siti web e/o app di terze parti.

La decisione dell’EDPB renderebbe generalizzato questo diritto e la capacità pubblicitaria di Meta verrebbe ulteriormente depotenziata.

È probabile, infatti, che molti utenti non ci penserebbero due volte nel cogliere questo nuovo diritto offerto loro dai regolatori.

Infatti, già una buona parte di loro sui propri iPhone hanno rifiutato il tracciamento un conseguente calo dell’8% dei ricavi nel 2021, secondo quanto stimato da Meta.

Un problema potrebbe essere che la eventuale decisione della Commissione Irlandese per la protezione dei dati probabilmente non specificherà come Meta dovrà adeguarsi.

Tuttavia, se la sentenza venisse confermata, Meta potrebbe essere costretta a chiedere il consenso degli utenti per gli annunci mirati o a offrire loro un opt-out.

Siamo quindi di fronte a un nuovo Touring point importante dell’applicazione del GDPR, il che dimostra come il GDPR sia tutt’altro che superato dall’evoluzione della società digitale.

Le decisioni dell’UE possono essere impugnate da Meta e quindi sarebbero sospese sino alla fine di un contenzioso, ma se confermaste scatenerebbero un terremoto.

Il responsabile può dimostrare le garanzie sufficienti anche attraverso l’adesione a codici deontologici ovvero a schemi di certificazione.

Insomma, potremmo dire forse addio definitivamente al tracciamento pubblicitario su Facebook, Instagram e WhatsApp.

Questa è la decisione e la volontà espressa dai regolatori della privacy dell’Unione Europea, che hanno stabilito come il gruppo META non possa operare scorrettamente nei confronti dei propri utenti e venga dunque preso il giusto provvedimento affinché venga fermata questo tipo di attività da chiunque.

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